MINI CORSO TECNICO DI FOTOGRAFIA
"Fotography
for dummies"
(pagina
provvisoria - in lavorazione - versione beta 0.1)
INDICE:
1.
La macchina fotografica
Un
apparecchio fotografico è, a grandi linee, un contenitore a tenuta di
luce con un
sistema di lenti (obiettivo) che proietta l'immagine inquadrata sulla
pellicola o sul sensore.
Ci sono diversi tipi di macchine
fotografiche, che si differenziano per vari aspetti. Tralasciando
apparecchi poco diffusi e di uso professionale, si possono suddividere
le macchine fotografiche in due grosse categorie: compatte e reflex.
Le
prime non permettono il cambio dell'obiettivo, salvo qualche rara
eccezione, e hanno nella stragrande maggioranza dei casi dei sensori
molto più piccoli rispetto alle reflex. Queste ultime permettono di
vedere l'immagine inquadrata realmente dall'obiettivo montato, in
quanto
la luce viene riflessa da un sistema di specchi (pentaprisma o
pentaspecchio) fino ad arrivare all'oculare. Al momento dello scatto lo
specchio posto davanti all'otturatore si alza per il tempo necessario a
far passare la luce necessaria.
2. L'esposizione
La
quantità di luce necessaria per impressionare correttamente la
pellicola (o il sensore... d'ora in poi utilizzeremo solo questo
secondo termine, considerato che la fotografia digitale è ormai padrona
del mercato) si ottiene mediante la regolazione del diaframma e del
tempo di posa.
Il diaframma si trova sul percorso che la luce percorre tra l'obiettivo
e il sensore, e restringendosi ne limita la quantità.
Il tempo di posa è il tempo durante il quale l'otturatore rimane aperto
e la luce può raggiungere il sensore.
I
diaframmi sono indicati con il simbolo "f" seguito da un numero: 1 -
1,4
- 2 - 2,8 - 4 - 5,6 - 8 - 11 - 16 - 22 etc... Più il numero è alto più
il diaframma è chiuso.
I tempi sono indicati in secondi, solitamente come frazioni: 1 - 1/2 -
1/4 - 1/8 - 1/15 - 1/30 - 1/60 - 1/125 - 1/250 etc...
Ogni passaggio da un valore e quello successivo viene chiamato
stop. Quindi tra
f/4 e f/8 (ad esempio) ci sono 2 stop di differenza, così come tra 1/30
e 1/125 di secondo.
Ogni
stop, che riguardi il tempo o il diaframma, ha lo stesso valore: la
quantità di luce che raggiunge il sensore con 1/125 e f/8 è la stessa
di quella che si otterrebbe con 1/60 f/11, 1/30 f/16, 1/500
f/4 etc...
Ogni obiettivo ha una focale (espressa in millimetri) e una luminosità
massima, che è il valore di f alla massima apertura.
Per
esempio un 100mm f/2,8 ha una luminosità massima di f/2,8 che può
essere limitata chiudendo il diaframma a valori diversi (4 - 5,6 - 8
etc...)
La coppia tempo/diaframma più adatta va scelta tenendo presente che
TEMPO
Più è rapido più è facile evitare il mosso. Questo può essere causato
dal movimento del soggetto inquadrato o dall'involontario movimento
della macchina fotografica al momento dello scatto. Più la focale
dell'obiettivo è lunga più il tempo di scatto dev'essere breve: in
generale si definisce "tempo di sicurezza" quello non inferiore alla
focale dell'obiettivo: 1/250 per un 200mm, 1/125 per un 100mm, 1/60
per un 50mm, ... Se la macchina o l'obiettivo sono dotati di
stabilizzatore d'immagine il tempo di sicurezza può essere più lungo
anche se, naturalmente, lo stabilizzatore può compensare il tremolio
della mano ma non l'eventuale movimento del soggetto.
DIAFRAMMA
Più
il diaframma è chiuso più aumenta la profondità di campo (PdC). Un
diaframma aperto, soprattutto con focali lunghe, determina una ridotta
PdC che spesso è utile per far risaltare il soggetto rispetto allo
sfondo.
Da
notare che spesso gli obiettivi hanno una resa non ottimale alla
massima apertura: in questi casi chiudere il diaframma di qualche stop
permette di avere un'immagine di qualità superiore. E' altresì vero,
però, che anche chiudere il diaframma oltre certi valori causa uno
scadimento qualitativo per l'insorgere del fenomeno della
diffrazione,
e più il sensore è denso di pixel più il fenomeno è evidente: una
fotocamera aps-c da 18 mp, ad esempio, inizia a soffrire di diffrazione
già prima di f/11.
3. Il
controllo
dell'esposizione
Per
ottenere la corretta coppia tempo/diaframma in rapporto alla
sensibilità impostata, si può operare in diversi modi tra quelli
consentiti dalla macchina fotografica in nostro possesso.
Il modo
più "antico", quello che era considerato il modo normale fino a qualche
decennnio fa, è quello completamente manuale, di solito indicato con
"M" nelle fotocamere che prevedono questa opzione (cioè tutte le reflex
e qualche compatta, di solito di fascia alta). Operando in manuale si
imposta sia il diaframma dell'obiettivo sia il tempo d'esposizione,
aiutandosi di norma con l'esposimetro che misura la luce ambiente.
Ci sono poi tutta una serie di modi automatici che indichiamo
sommariamente qui di seguito:
-
priorità dei diaframmi (spesso indicato con "A"): si regola manualmente
il diaframma e la macchina imposta il tempo corrispondente
- priorità dei tempi (spesso indicato con "S"): si regola manualmente
il tempo e la macchina imposta il diaframma corrispondente
- program (spesso indicato con "P"): la macchina regola automaticamente
tempo e diaframma.
- "scene": modi di esposizione preimpostati, adatti per i principianti.
Si può scegliere tra "sport", "ritratto", "panorama", etc. e la
macchina fotografica imposta automaticamente tutti i parametri.
4. La
sensibilità ISO
Con
le macchine fotografiche tradizionali si può scegliere che tipo di
pellicola utilizzare. Ogni pellicola ha una sua sensibilità: più questa
è alta, minore è la quantità di luce necessaria per avere una corretta
esposizione. Le normali pellicole in commercio hanno una sensibilità
dichiarata
che
va dai 25 ai
1600 ASA/ISO, che in fase di sviluppo può essere - entro certi limiti -
aumentata o diminuita. Di regola una sensibilità alta comporta più
grana e minore definizione dell'immagine.
Con
le macchine digitali naturalmente non ci sono pellicole da scegliere,
ma a seconda della luce presente e delle necessità dell'esposizione
bisogna impostare la sensibilità dell'apparecchio. La migliore resa si
ottiene, quando possibile, con sensibilità non troppo alte:
la maggior parte delle macchine fotografiche danno la miglior qualità
d'immagine intorno ai 100/200 ISO. Aumentando questo
valore aumenta il cd rumore digitale, e questo peggioramento di qualità
è molto più marcato con sensori di piccole dimensioni: con una reflex
FF di ultima generazione si riescono a utilizzare sensibilità di 6400
ISO e anche più con una qualità ancora discreta, mentre con una
compatta già a 400 ISO la qualità
peggiora sensibilmente.
5. Raw
o jpg?
Tutte
le reflex e varie compatte di fascia alta permettono di salvare le
foto, oltre che in jpg, anche in raw. Un file raw è un file grezzo, che
va "sviluppato" con appositi programmi per essere convertito in un
formato grafico come jpg o tif, e contiene molte più informazioni del
jpg, che è un formato compresso di tipo "lossy". La differenza pratica
tra scattare direttamente in jpg o scattare in raw e convertire
l'immagine in post produzione è che nel primo caso la macchina
fotografica si occupa direttamente di ottenere un file grafico, tenendo
conto anche delle impostazioni scelte dal fotografo (bilanciamento del
bianco, nitidezza, etc...), mentre nel secondo questo lavoro si fa in
seguito, al computer, potendo intervenire più in profondità
sull'immagine.
Quindi
scattare in raw presenta vantaggi importanti, al prezzo però di una
maggior perdita di tempo in post produzione e di un consumo di spazio
della scheda di memoria molto maggiore.
6. La
profondità di campo
Si
definisce
profondità di
campo (PdC) la zona inquadrata che sta davanti e dietro al
soggetto e che appare nitida (a fuoco). Teoricamente
esiste una sola distanza dove la messa a fuoco è perfetta, mentre la
nitidezza diminuisce gradualmente prima e dopo il soggetto messo a
fuoco. Il campo nitido
è
quell'intervallo di distanze davanti e dietro al soggetto in
cui la sfocatura è impercettibile e la PdC è, appunto, questo
intervallo.
La PdC è influenzata da tre fattori principali:
1) apertura del diaframma
2) distanza del soggetto
3) lunghezza focale dell'obiettivo
Più il diaframma è aperto, più la distanza diminuisce, più la focale
aumenta e più la PdC diminuisce. E, naturalmente, viceversa.
La
lunghezza focale dell'obiettivo non determina di per sé una maggiore o
minore PdC ma la influenza indirettamente in quanto la distanza del
soggetto inquadrato è in rapporto con questa. Per intenderci: se
inquadrassi un soggetto, diciamo un viso, con una FF e un tele da 150mm
a f/4 e a 4 metri, avrei una PdC di circa 16 cm. Cambiando obiettivo
e mettendo un 75, a parità di distanza del soggetto la PdC salirebbe a
67 cm. Ma se mi avvicinassi al soggetto finché il viso non occupasse la
stessa grandezza nel fotogramma, quindi andassi a 2 metri da questo, la
PdC tornerebbe ad essere circa 16 cm.
La lunghezza focale di un obiettivo è quindi un fattore fondamentale
per determinare la
PdC. Più
il sensore della macchina fotografica è piccolo, più le focali - a
parita di angolo di campo - si accorciano. Questo spiega perché una
reflex FF (o a pellicola 35mm) ha una PdC inferiore (a parità di angolo
di campo o della cd
focale
equivalente)
a quella di una reflex con sensore croppato (APS) che, a sua volta, ha
una PdC molto inferiore a quella di una compatta con sensore da 1/2,5
etc...
Per
finire bisogna notare che anche le dimensioni del
fotogramma influenzano la PdC. A parità di tutti gli altri parametri
(diaframma, distanza e focale) la PdC diminuisce man mano che le
dimensioni del sensore diminuiscono, in quanto la tolleranza del
circolo di confusione diventa sempre meno ampia. Un 100mm a f/4, ad
esempio, con un
soggetto a 10 metri ha una PdC di circa 120 cm. con un sensore 4/3 e di
circa 240 cm. con un sensore FF.
Qui
si trova un comodo calcolatore della PdC.
7. Sensori
di dimensioni diverse e
focali equivalenti
Le
reflex sul mercato si dividono grosso modo in tre categorie:
full frame,
aps e
quattro terzi
- Le
prime (FF) hanno un sensore di grandezza pari al fotogramma delle
classiche macchine fotografiche a pellicola 35 mm, ossia 24X36 mm
- Le
seconde (APS-C) hanno un sensore di circa 15X23 mm. (varia tra
marca e marca) mentre il poco diffuso APS-H (solo Canon 1D) misura
19X28,7 mm.
- Le ultime, con sensore 4/3 lanciato da Olympus, hanno un sensore di
13X17,3 mm
Le
cosiddette
compatte o
bridge, invece, hanno sensori molto più piccoli
che hanno misure che vanno dai 5,7X7,6 mm dei sensori da 1/1.7" ai
4,3X5,8 di quelli da 1/2.5. Ultimamente, però, si stanno affacciando
sul mercato anche fotocamere
compatte di fascia alta con sensore micro 4/3
A
parità di caratteristiche un sensore di dimensioni maggiori permette
una qualità più elevata, soprattutto in condizioni di luce scarsa. La
tendenza, dettata principalmente da questioni commerciali, di aumentare
sempre più i mega pixel delle macchine fotografiche comporta un aumento
del cd
rumore digitale.
E ciò è tanto più vero quanto più il sensore è piccolo e, quindi, la
quantità di pixel per unità di superficie aumenta.
A
causa della differenza di dimensioni dei sensori, le focali degli
obiettivi non bastano per conoscerne l'angolo di campo. Un 50mm
montato su una FF avrà lo stesso angolo di campo di un 25 mm montato su
una 4/3. E la differenza si fa molto più marcata se prendiamo ad
esempio i piccoli sensori delle fotocamere compatte, dove per avere
l'angolo di campo del 50mm di cui sopra può bastare una focale di
circa 10mm o anche meno.
Per cercare di mettere ordine a questo stato di cose è stato introdotto
il concetto di
focale
equivalente, che rappresenta la focale che avrebbe un
obiettivo con lo stesso angolo di campo montato su una FF (o pellicola
35mm).
Tipo
di
sensore |
Dimensioni
in mm. |
Fattore
di equivalenza
a 35mm (FF) |
Obiettivo
normale
~ mm |
FF |
~ 24x36 |
1 |
50 |
APS-H |
19X28,7 |
1,3 |
38 |
APS-C |
Nikon
DX
15,7X23,7 *
Canon D 14,8X22,2 |
1,52
1,62 |
32
30 |
4/3 |
13,5X18 |
2 |
25 |
1/1.8 |
~
5,3X7,2 |
5,02 |
10 |
1/2.5 |
~
4,3X5,8 |
6,25 |
8 |
* I sensori delle reflex
Pentax; Sony e Fuji hanno dimensioni simili
Quindi
uno zoom da 5-25mm. montato su una compatta con sensore da 1/2,5 ha
una "focale equivalente" (N.B. equivalente ad una FF come angolo di
campo) a circa 31-155mm.
E'
fondamentale però capire che la focale in mm. è un valore assoluto:
dire, come spesso si sente, "un 100 su aps diventa un 160..." è
concettualmente errato. La lunghezza focale non può cambiare, ciò che
varia è solo l'angolo di campo inquadrato. Un 28mm rimane un 28mm sia
su una FF sia su una compatta con sensore da 1/2.5, solo che nel primo
caso si tratterà di un obiettivo grandangolare, nel secondo di un
teleobiettivo.
8. Il
lampeggiatore (flash)
La
stragrande maggioranza delle fotocamere digitali hanno un flash
incorporato. Le reflex, e qualche compatta, dispongono anche di una
slitta per montare un lampeggiatore esterno.
Il flash incorporato ha
solo due pregi: non ingombra ed è facile da usare. Per il resto ha tali
e tante limitazioni da dover essere considerato un accessorio poco
utile nella maggior parte dei casi: ha una potenza troppo bassa e
illumina il soggetto solo frontalmente, creando una luce decisamente
poco adatta per ottenere risultati accettabili.
Se si intende
utilizzare il flash per qualcosa di più della foto ricordo del bimbo
che soffia sulle candeline del compleanno è indispensabile munirsi di
(almeno) un flash esterno. I più diffusi, soprattutto in ambito
amatoriale, sono quelli di tipo cobra
con la testa orientabile. Tutte le moderne reflex
hanno la possibilità di lavorare in completo automatismo e lettura TTL (through the lens)
con i flash dedicati.
La potenza di un flash è indicata dal numero guida (NG)
che serve anche per calcolare la corretta esposizione in modo manuale.
La formula è
N.G.
= d X f
dove
"d" rappresenta la distanza del soggetto da illuminare e "f" il
diaframma da impostare per ottenere la corretta esposizione ad una
certa sensibilità (100 iso è il riferimento).
Più è alto il N.G. più è potente il flash. Applicando la formula di cui
sopra avremo:
f = N.G./d
cioè
dividendo il N.G. per la distanza del soggetto conosceremo qual è il
diaframma da impostare (lavorando in manuale ed alla massima potenza).
E'
importante notare che si fa riferimento solo al diaframma e non al
tempo, perché si presume che il flash sia utilizzato in ambiente con
poca luce dove la luce ambiente non influenza l'esposizione. Nei casi
in cui, invece, il flash venga usato in esterni per schiarire le ombre,
il calcolo dell'esposizione è molto più complicato e bisogna affidarsi
all'automatismo (se c'è) o fare qualche prova.
Nelle macchine fotografiche con otturatore a tendina (le reflex, in
pratica) c'è un tempo di esposizione, chiamato sincro X, che
è il più veloce che si possa impostare usando il flash: tempi più brevi
causerebbero una illuminazione non uniforme in quanto le due tendine
non si troverebbero alla completa apertura al momento del lampo.
9. La
post-produzione
Ai
tempi della pellicola dopo aver fotografato bisognava sviluppare ed
eventualmente stampare. Con l'avvento del digitale la procedura è
cambiata e per certi versi si è semplificata, ma gli interventi che si
possono - e a volte devono - fare dopo lo scatto rimangono molto
importanti.
Come abbiamo già scritto più
su
si può decidere di scattare in jpg o in raw. Nel primo caso gli
interventi che si possono applicare in post-produzione sono un po' più
limitati: serve un programma di fotoritocco (ce ne sono di tutti i
tipi, dai più semplici ai più completi: il più potente è il
professionale e carissimo photoshop, mentre tra quelli gratuiti il
migliore è The
Gimp) e un po' di esperienza. Nel secondo caso, invece, è
necessario anche un raw
converter, che può essere un plugin del
programma di fotoritocco (come ad esempio Ufraw
per Gimp) o un programma stand-alone.
In
rete si trovano migliaia di articoli che spiegano più o meno nel
dettaglio le tecniche di fotoritocco, come ad esempio l'ottimo sito di Andrea Olivotto.
Ci sono poi tantissimi manuali, tutorial, articoli e consigli sull'uso
dei singoli programmi, facilmente rintracciabili con google (per Gimp
si può vedere anche qui).
10. La stampa
In preparazione.
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11. Macrofotografia
In preparazione.
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12. L'acquisto della
macchina fotografica
In preparazione.